giovedì 11 giugno 2015

Ajani, le tasse e l'Università per pochi

La voce di corridoio è diventata realtà: l’università di Torino è intenzionata ad aumentare le tasse agli studenti. Si parla di una forbice che va dai 100 ai 300 euro a testa e di un trattamento speciale riservato ai fuoricorso: pare che per loro le tasse possano avere un rincaro del 100% netto.
Non stupisce la notizia, di per sé, visto che l’università di Torino è la stessa che ha fatto di tutto per accreditarsi tra le prime ad essere sottoposte all’esame dell’ANVUR per la valutazione dell’ateneo. Questi provvedimenti - e non solo quest’ultimo ma anche tutti quelli compiuti dall’inizio del mandato del rettore Ajani - si inseriscono coerentemente e operano in maniera chirurgica nella costruzione della “buona università” iniziata con la riforma Gelmini e proseguita con la “Buona scuola” di Renzi. 

Con la fine, per termini di legge, del rettorato di Pelizzetti e l’arrivo di Ajani, si sono spenti quei freni e quelle ritrosie proprie del precedente Rettore nel seguire la corsa neoliberista di Monti, Letta e ora di Renzi. Ajani rappresenta questo cambiamento post-riformista, dove l’importante è solo tradurre in fatti le direttive, applicare e andare avanti spegnendo - o non ascoltando - i dissensi e le reali necessità degli studenti dell’università di cui è Rettore. Abbiamo quindi un campus universitario - il Campus Luigi Einaudi - e un’aula magna nuova di zecca - quella alla Cavallerizza - che non solo hanno avuto dei costi sproporzionati, ma anche risultati modesti (pensiamo all’uso che si fa della Cavallerizza) quando non addirittura inadeguati (parliamo del Campus per quanto riguarda le reali richieste della didattica e degli studenti che ogni giorno attraversano il campus per studiare ma anche per viverci).

L’università, da luogo della formazione per eccellenza, sta diventando il luogo della trasformazione par excellence. L’entrata del privato nell’università corrisponde alla privatizzazione della città a cui assistiamo ogni giorno: compagnie “para-statali” - così le ha definite il sindaco Fassino - si appropriano di ciò che è pubblico, la città, per metterlo a profitto; vediamo l’estensione del deserto del capitale che, uscito dai luoghi di produzione che gli erano più propri, tramite la finanza creativa può slegarsi dalla produttività materiale per creare profitto da zero, semplicemente colonizzando gli spazi pubblici, rendendoli privati e quindi sottoposti al sistema del libero mercato dove ogni cosa ha un prezzo e ogni cosa deve generare profitto. La città è la nuova oasi da sfruttare, attaccando così i cittadini, attaccando i loro risparmi di una vita, già di per sé faticosa e non per tutti dignitosa allo stesso modo. Per conquistare la città però non bastano solo le fondazioni private delle maggiori banche cittadine - la compagnia di San Paolo, la fondazione Crt e così via - che comprano i beni statali per quattro soldi convertendoli in attività produttive; è necessario qualcosa di più ramificato sia nella città, sia nei cittadini: ed ecco che si arriva all’università, alla riforma universitaria e al rettore Ajani.

Ajani è la mano libera e creativa del riformismo neoliberista, che in Pelizzetti non aveva tanta presa perché rappresentate di un interesse conservatore, mentre le manovre di Ajani sono tutte tese a trasformare l’università pubblica in un’università per pochi, una buona università per quei pochi, ricchi, che potranno permettersela. L’ennesimo aumento delle tasse a discapito dell’eccedenza dei finanziamenti del FFO non può più essere letta come una misura precauzionale, come non è una misura precauzionale quella di chiudere Palazzo Nuovo a causa dell’amianto - quando i fatti erano noti già dal 2013. Quelle di Ajani sono misure politiche e devono avere una risposta politica tale e quale per forza e imposizione. La continua vessazione a cui sono sottoposti gli studenti universitari con l’aumento delle tasse non è una necessità, è un fatto politico ben preciso che si lega al disfacimento del diritto allo studio iniziato con la nascita dei borsisti “idonei non beneficiari” e quest’ennesimo aumento delle tasse universitarie (si parla di un aumento tra i 100 e i 300 euro a studente) è un segno che palesa tutto il suo significato con il trattamento dei fuoricorso: un aumento corrispondente al 100% delle tasse universitarie perché rei di essere fuori corso. Un po’ come le vuote discussioni con Cota, l’allora presidente della Regione, il quale diceva a una studentessa borsista non beneficiaria di andare a lavorare se non le bastavano i soldi per l’università. E purtroppo la ragazza già lo faceva.

Le tasse universitarie sono l’ultima manovra che rende palese il ritorno di un discorso di classe in università: se non hai i soldi per pagarti le tasse, i libri, un eventuale affitto se sei fuorisede e una sicurezza economica tale da poterti garantire il tempo libero e la tranquillità per poter studiare tutto il giorno, e tutti i giorni, allora l’università non fa per te. E’ lo stesso discorso di classe che inserisce le aziende negli istituti tecnici, di modo che chi frequenta l’ITIS non andrà mai a sprecare il suo tempo nel sistema universitario, che è per i pochi eletti che si potranno permettere il liceo classico sapendo che per l’università ci vuole un certo capitale. L’aumento delle tasse universitarie è l’ennesimo disincentivo per i non abbastanza ricchi da potersi permettere una stanza nei quartieri gentrificati in seguito alla nascita di nuove sedi universitarie - si pensi al repentino aumento del costo degli affitti in zona Vanchiglia, Vanchiglietta, Regio Parco e Barriera conseguentemente alla costruzione del CLE. Ogni mossa di Ajani, ad oggi, è un monito per gli studenti come a dire “l’università non è per tutti, ve lo sto dimostrando”. Il costo di questo ritorno all’università per pochi pone anche dei sacrifici, che pagheranno gli studenti normali, perché un aumento del 100% delle tasse agli studenti fuori corso - magari perché lavoratori o idonei non beneficiari - porterà ad una repentina diminuzione di quella popolazione che all’oggi è il 17% del totale degli iscritti di Unito, che creano un’entrata da 19 milioni di euro. Gli ultimi, gli emarginati saranno i primi a soccombere e a dover abbandonare l’università, quell’università per la quale i genitori hanno fatto sacrifici risparmiando una vita perché almeno il/la figlio/a doveva poterci andare, dal momento che l’università è pubblica. Il calo delle immatricolazioni comporterà anche un ridimensionamento dell’organico dell’ateneo - non una possibilità di strutturare i ricercatori a tempo determinato o i precari in generale come dicono dall’ateneo - in quanto solo chi ha alle spalle un reddito famigliare da permettergli anni di entrate zero, ricerca e docenza gratuita, potrà ambire a diventare un eletto che sarà strutturato: un’università di pochi e per pochi, è questo il messaggio delle riforme di Ajani.

La contrapposizione politica dei rappresentanti degli studenti all'oggi è praticamente nulla, un po’ come la sinistra interna alla sinistra con le vicende dei dissidenti del PD che, pur dissentendo creando scismi e differenze, finiscono per appoggiare e lasciar passare il discorso dominante di Renzi. Così, se sulla vicenda dell’amianto i rappresentanti degli Studenti Indipendenti danno fiducia al Rettore perché non è reo - nonostante gli insabbiamenti di due anni e il forzoso intervento dell’ASL e dello SPRESAL per far emergere il problema - allo stesso modo dicono che l'aumento delle tasse non è giusto ma, ci sembrano dire, "abbiamo fatto il possibile", tanto che probabilmente mobiliteranno il nulla per non fare niente.