A fine settembre il governatore dello stato brasiliano
di Sao Paulo, Geraldo Alckimin, ha annunciato una “riorganizzazione” del
sistema scolastico statale che prevedeva l’istituzione di scuole a ciclo unico,
con la conseguente chiusura di 94 istituti attualmente a due/tre cicli
(elementari, medie e licei).
La chiusura di questi istituti, oltre a tradursi in
un consistente taglio della spesa pubblica in materia di istruzione,
comporterebbe gravi conseguenze per moltissimi studenti (soprattutto delle
periferie), che verrebbero costretti a frequentare scuole a chilometri di
distanza da casa e si troverebbero di fronte un sistema scolastico molto più
escludente, privatizzato e competitivo.
Contro questa riorganizzazione fin dal mese di ottobre si è sviluppata in tutto Sao Paulo una vastissima mobilitazione studentesca, fatta di occupazioni di scuole, cortei e blocchi stradali. Il 4 dicembre, di fronte a un’escalation inarrestabile di proteste, il governo è stato costretto a rinviare di un anno l’approvazione della riforma, ma la mobilitazione prosegue ancora in queste settimane chiedendo la cancellazione definitiva di questo progetto.
La riforma Alckimin, tra l’altro, nelle intenzioni del governo di Sau Paulo doveva anche essere un esperimento da estendere poi agli altri stati brasiliani, dove in alcuni casi sono già in cantiere progetti di trasformazione del sistema scolastico che, pur con le dovute differenze da stato a stato, tendono a una generale privatizzazione e restrizione dell’accesso alla formazione. Sulla scia della grande mobilitazione degli studenti di Sao Paulo sono così nate proteste a carattere studentesco anche nel resto del Brasile.
Ai
microfoni di Parole Ribelli abbiamo discusso con Livio
- studente brasiliano da poco trasferitosi in Italia - dei contenuti
della riforma Alckimin e quelle che sarebbero le sue conseguenze, della
mobilitazione che vi si è opposta e delle prospettive future di lotta:
Sulla mobilitazione degli studenti
paulisti vedi anche:
- La pietra forata dal basso – di Raul Zibechi