martedì 31 marzo 2015

10ª Giornata di Azione Globale per Ayotzinapa: comunicato dell’Assemblea Interuniversitaria


Compagne e compagni,

Sono passati sei mesi da quando si sono portati via gli studenti della Scuola Normale Rurale “Raúl Isidro Burgos” di Ayotzinapa Guerrero, e i 43 non sono né vivi né morti, sono DESAPARECIDOS. Ma continuano ad essere qui, nel cuore delle loro madri e dei loro padri, dei loro compagni e amici. Un cuore che é diventato moltitudine. Un’assenza che per noi é diventata un’unione definitiva.

Da quel giorno, la cittadina di Iguala viene ricordata per la barbaritá, per la stupiditá, per la morte. L’operazione di quella notte nefasta, oltre a far sparire i 43, ha strappato la vita a tre giovani studenti normalisti e ha gettato nell’angoscia e nel dolore costante famiglie umili che continuano ad esigere la presentazione con vita dei propri figli e giustizia per quanto accaduto.
Da quel 26 di settembre il comportamento dello Stato messicano é stato imbarazzante. Tutte le sue istituzioni hanno dimostrato la propria incapacitá nel garantire il diritto alla veritá, alla giustizia e, soprattutto, all’elementare diritto alla vita. La menzogna é diventata il fulcro di una politica il cui fine ultimo é quello di seminare l’oblio nella societá del nostro paese, con la impunitá come bandiera.

Per questo dopo sei mesi continuiamo ad esigere, in tutto il Messico e nel Mondo, la presentazione con vita dei 43. Peña Nieto e i suoi volevano che credessimo che fosse stato un regolamento di conti tra gruppi criminali. Volevano che credessimo che i corpi trovati nelle fosse fossero quelli degli studenti. Volevano che credessimo che nella discarica di Cocula due uomini avessero giustiziato gli studenti ancora in vita, senza lasciare nessuna traccia di sangue nel terreno. Volevano che credessimo che fossero stati bruciati, senza che una minima prova venisse ritrovata.

Con tutta l’“intelligenza di polizia” di cui dispongono gli organismi di sicurezza, i vertici della polizia municipale della cittá di Iguala continuano ad essere latitanti e nonostante questo vogliono che crediamo alla loro assurda “veritá storica”. Ci chiedono di voltare pagina e superare il dolore. Cosí facendo non fanno che dimostrarci quanto siano ridicoli, insensati, superbi, testardi e sfrontati. Non a caso, la Commisione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH) ha dichiarato recentemente che esistono gli elementi necessari per considerare quanto successo ad Ayotzinapa come un caso di “sparizione forzata”.

Ayotzinapa fa male. Ma fa male soprattutto ai potenti, allo Stato nel suo insieme, alla sua struttura anchilosata e obsoleta. Perché Ayotzinapa ha dimostrato che la polizia non esiste per proteggerci, che gli istituti elettorali non esistono per ascoltarci, né per obbedirci. Sappiamo che le loro istituzioni sono in putrefazione e che nel caso dei 43 studenti di Ayotzinapa la veritá é semplice ed esplicita. Questa veritá dice forte e chiaro chi é stato: é stato lo Stato.

Nella parola Ayotzinapa, solamente nel menzionarla, sta la rabbia e la indignazione di coloro che resistono ai massacri del governo. La rabbia, la resistenza dei braccianti di San Quintín, delle comunità Zapatiste, dei contadini di Atenco, dei lavoratori licenziati ingiustamente, dei prigionieri politici; sta la rabbia di fronte alla barbarie di Tlatlaya. Nella parola Ayotzinapa, nel suono delle sue lettere, sta il coraggio dei giornalisti che esercitando fedelmente la propria professione sono ridotti al silenzio, censurati, assassinati; stanno le centinaia di popolazioni che difendono le proprie risorse naturali con la vita. Sta il grido di Nestora Salgado, il grido del Professor Claudio Castillo, assassinato a botte dalla polizia di Guerrero.

Nella parola Ayotzinapa vibra la voce degli studenti che si oppongono alla privatizzazione dell’educazione a tutti i livelli. Con Ayotzinapa si sente il clamore unanime dei centinaia di desaparecidos, per i quali solo esiste l’oblio delle sfere di governo. Con Ayotzinapa sta la rabbia delle migliaia di donne assassinate in tutto il paese; sta il grido di guerra di coloro che, stanchi delle promesse sempre inattese, hanno deciso di non credere in una democrazia fittizia basata sull’inganno e sul denaro. Per Ayotzinapa, con Ayotzinapa si sente il grido di tutti coloro che pensano che questo paese deve e dovrà essere migliore.

Ayotzinapa, la storia che costruisce con uno sforzo degno di titani, si è tatuata nella memoria del migliore di tutti e di ciascuno di noi. I genitori e gli studenti della Normal Rural “Isidro Burgos”, sono flusso di insubordinazione. Sono la ribellione che farà nascere, senza mai vacillare, un Messico giusto, senza menzogne e con la libertà come la unica e possibile patria. Nessuno di coloro che si dicono indignati per tutto quello che sta vivendo il paese potrà rimanere zitto. Nessuno di coloro che sentono il dolore degli altri come fosse il proprio potrà abbassare le braccia. Nessuno che pensi in un futuro giusto dovrà rassegnarsi.

Ayotzinapa è la lotta per il paese. Per la verità, per la giustizia. Per questo, chissà come non mai, è di vitale importanza riprendere l’organizzazione e non lasciarci vincere dallo scoraggiamento e dalla disperazione. Esiste un futuro più giusto e più nostro che, con l’esempio di Ayotzinapa, stiamo facendo nascere. L’indifferenza non sarà mai la nostra realtà. Dobbiamo organizzarci per lottare insieme contro la politica rapace dello Stato. Dobbiamo organizzarci. Dobbiamo vincere l’indifferenza e l’infamia.

L’invito è a costruire insieme la possibilità reale e effettiva, le condizioni materiali per detenere il suo avanzamento. Per farlo, dobbiamo immaginarci quello che si trova più in là di questo nostro rotondo, necessario e contundente: adesso basta!

Assemblea Interuniversitaria. A sei mesi con e per Ayotzinapa.

“Vivos se los llevaros, vivos los queremos”
Cittá del Messico, 26/03/2015

(Traduzione del collettivo Solidaria43)