Dietro alle ingannevoli promesse di maggiore trasparenza e di merito con cui la questione della valutazione viene posta tra i pilastri della riforma, però, si celano in realtà esigenze di controllo e gerarchizzazione.
D’altronde l’uso della valutazione come forma di potere asimmetrico e ricattatorio non è certo una nuova introduzione a firma Renzi&Giannini. In questi anni abbiamo avuto più volte modo di ragionare sull’uso di questo dispositivo all’interno del mondo della formazione, non solo nei termini della sua applicazione quotidiana e maggiormente visibile (quella della valutazione delle performance degli studenti), ma anche della creazione di nuovi strumenti di controllo che mirano a schedare e controllare tutto ciò che si muove all’interno del mondo della formazione. È il caso, ad esempio, delle prove INVALSI, oppure di agenzie come quella dell’ANVUR che si occupano di stilare vere e proprie classifiche tra istituti e atenei di serie A e di serie B.
Insomma, dietro i giri di parole e le promesse su meritocrazia, trasparenza e qualità, l’uso della valutazione nasconde ben altre esigenze. Smascherare l’uso presuntamente neutrale e oggettivo di questo dispositivo è un primo passo per immaginare forme di lotta con cui combattere il regime della valutazione.
Del ruolo della valutazione ne #labuonascuola abbiamo discusso all’interno di Parole Ribelli con Valeria Pinto, docente presso l’Università Federico II di Napoli e autrice del libro “Valutare e Punire”.
Di seguito l’audio dell’approfondimento:
Altre letture utili per approfondire l’argomento:
- Il testo integrale di un’intervista rilasciata da Valeria Pinto a Il Manifesto su questo tema: "Valutare e punire nella scuola di Matteo Renzi"
- Un commento generale a #labuonascuola: "La buona scuola di Renzi e Giannini"
- Un passamontagna contro il regime della valutazione
- Cosa sono i rankings dell'Università?
- Valutare e punire: Anvur, Invalsi e altri acronimi
- Contro la scuola di classe dei test Invalsi
